La guerra civile del 1998

CAUSE E SVOLGIMENTO

Nel 1998 la Guinea-Bissau fu accusata di ospitare nel suo territorio i ribelli indipendentisti senegalesi del Movimento delle Forze Democratiche di Casamance (MFDC), e addirittura di vendere loro le armi: la risposta strategica di Vieira a queste accuse fu la destituzione del capo di Stato Maggiore delle forze Armate, il brigadiere Ansumane Manè, e la nomina di un nuovo capo, il brigadiere Humberto Gomes.
Da qui nacque un movimento che qualcuno ha precipitatosamente definito, semplificando, “colpo di stato”, che si trasformò rapidamente in un conflitto di dimensioni nazionali, che vedeva contrapposti il governo di Nino Vieira, da una parte, la maggioranza delle forze armate e una cospicua parte degli antichi combattenti, dall’altra.
Va sottolineato comunque che lo scontento era già noto da molto tempo all’interno delle forze armate e nelle fasce più deboli della popolazione, per questo si è arrivati ad una cristallizzazione intorno a quella che nel frattempo è stata chiamata (giunta miltare per la consolidazione della pace e della democrazia) e si è affermato un totale rifiuto del regime, che è diventato anti-popolare, e del potere incarnato nella figura del presidente della repubblica.
Durante lo svolgimento del conflitto non sono mancati sforzi di mediazione, prima da parte dei membri dei diversi gruppi parlamentari guineani che hanno tentato di portare le due parti in conflitto al tavolo del negoziato, senza riuscirci, a causa delle posizioni radicali del governo; poi dei gruppi religiosi, l’allora Vescovo di Bissau (Monsignor Ferrazetta) e del presidente del Gambia Yahya Jemmeh, che ha proposto alle due parti di incontrarsi nella sua residenza di Banjul, e dopo aver ricevuto l’appoggio alla sua mediazione di Capo Verde, Mauritania, Guinea Conakry e Senegal ha inviato il ministro degli esteri a Bissau.
Ma anche questo tentativo è stato abbandonato a causa delle scarse condizioni di sicurezza.
A parte l’entrata in campo del CPLP e successivi timidi interventi del Portogallo e dell’Angola, la comunità internazionale è rimasta praticamente indifferente al conflitto in Guinea.
I media non ne hanno praticamente parlato (si veda il volume: I conflitti dimenticati / Caritas italiana ; in collaborazione con Famiglia cristiana e Il Regno ; a cura di Paolo Beccegato e Walter Nanni. - Milano : Feltrinelli, 2003).
Il conflitto ebbe termine nel maggio del 1999 con la deposizione del presidente attraverso un assalto al palazzo.
Nel maggio del ’99 pareva si fosse aperta una nuova era politica nel paese.
Le elezioni del novembre del ’99 sembrarono rappresentare una nuova chance per la democrazia in Guinea Bissau.

CONSEGUENZE

Risulta difficile fare una precisa valutazione delle conseguenze della guerra: oltre alle numerosissime vittime, essa ha causato migliaia di sfollati, fuggiti da Bissau verso località interne del paese dove la popolazione è arrivata a triplicarsi, e dove non sono mai esistiti dei veri campi profughi. Migliaia di persone hanno trovato rifugio in Portogallo, ma anche in Senegal, Capo Verde e, in minor misura, in Gambia.
La guerra ha contribuito a disgregare l’organizzazione dello Stato e a peggioranre la già difficile situazione economica e sociale conseguita al processo di decolonizzazione.
I combattimenti hanno causato l’interruzione di tutte le funzioni pubbliche tra cui il sistema dell’educazione: vari centri di formazione sono rimasti completamente danneggiati e tuttora non sono stati ancora ricostruiti, aumentando così la mancanza di mano d’opera qualificata.
Anche vari istituti di ricerca sono stati devastati, come INEP-instituto nacional de estudos e pesquisa, (Istituto nazionale degli studi e della ricerca) e INDE-instituto nacional de estudos para o desenvolvimento da Educaçao (Istituto nazionale di studi per lo sviluppo dell’educazione, hanno subito più danni).
Fino ad oggi il governo della Guinea Bissau non è ancora riuscito a rimediare a nessuno dei danni subiti dalle sue istituzioni!
La tensione dialettica tra i leader appartenenti alla vecchia classe politica, che vogliono a tutti i costi mantenersi al potere, e le aspirazioni della nuova classe politica, che parla di giustizia e di riconciliazione nazionale, rimane latente e genera un clima di endemica instabilità.